I nostri amici a quattro zampe, ancora una volta, ci stanno dando modo di fidarci di loro.
Stando a quanto afferma il dottor Ribas Sarkis,
“I cani possono fiutare tra il 98% ed il 100% dei casi di Coronavirus“.
I cani e la battaglia contro la pandemia
Il dottor Ribas Sarkis, – coinvolto in un progetto di ricerca franco-libanese volto a sfruttare le doti olfattive dei cani, che si sta svolgendo presso l’università di St. Joseph di Beirut – ci riporta come, dopo un mirato addestramento,
“Il cane fiuta diversi campioni di sudore umano affiancati e, nei casi negativi, si avvicina al successivo campione, mentre nei casi positivi si ferma davanti allo stesso campione, avvertendoci della positività”.
E’ vero: le ipotesi su un effettivo contributo da parte dei cani alla lotta contro la diffusione del Covid-19 sono ancora in fase di studio. Ma risultati del genere ci mettono nella condizione di poter sperare, realmente, che questo possa diventare un valido strumento di screening da affiancare alle procedure cliniche, come il tampone.
In questo senso, come specifica Holger Volk dell’Università di medicina veterinaria di Hannover in Germania,
“Non pensiamo assolutamente che i nostri amici a quattro zampe possano sostituire le metodologie di screening attuali, ma il loro ruolo potrebbe essere significativo in luoghi trafficati che necessitano indagini rapide e massive, come gli aeroporti, gli stadi o i grandi eventi”.
Ma come fanno i cani a fiutare il virus?
Sempre fermo restando che ancora non vi è certezza, i ricercatori suppongono che i cani riescano a fiutare l’odore di composti organici volatili (COV). A differenza dell’uomo, dotato di “soli” 5-6 milioni di recettori di odori, infatti, questi animali ne dispongono di ben 300 milioni.
Gli esperti dell’Università Saint Joseph di Beirut stanno conducendo uno studio basato sull’addestramento di 18 cani, i quali hanno sottoposto a screening 1.680 passeggeri, individuando 158 casi poi confermati dalle analisi PCR. In altre parole, i cani negli aeroporti di Finlandia e Libano sono stati in grado di rilevare Covid-19 nei campioni di sudore di passeggeri giorni prima che i test convenzionali risultassero positivi.
Lo stesso Volk ha addestrato otto cani con campioni estratti dal tratto orale di sette persone ricoverate in ospedale per Coronavirus e sette campioni derivanti, invece, da persone sane.
In base agli esiti di tale applicazione, i cani sono riusciti a rilevare l’83 per cento dei casi positivi e il 96 per cento di quelli negativi.
Un risultato sorprendente, ma nemmeno troppo assurdo da credere se pensiamo al fatto che, da anni, i cani sono presenti in aeroporto in quanto capaci di rintracciare armi da fuoco, stupefacenti ed esplosivi.
A sostegno di questa importante ricerca vi è anche Cynthia Otto, dell’Università della Pennsylvania, la quale sta studiando la possibile e ulteriore capacità, da parte dei cani, di discernere tra campioni di urina o sudore di pazienti Covid-19 e persone sane.
Insomma, per dirla con Riad Sarkis, “Affidarsi all’accurato olfatto canino potrebbe rappresentare una strategia di approccio accurata, fattibile, economica e riproducibile”.
Speriamo davvero.
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