Vivere con un amico a quattro zampe è un davvero un caro piacere.
“Caro”, in tutti i sensi. Sì, perché sia gli alimenti che le prestazioni veterinarie destinati agli animali domestici, esattamente come i beni di lusso, sono gravati da un’Iva del 22%.
Un costo ritenuto decisamente eccessivo se consideriamo non solo quanto loro sono importanti per noi, ma anche noi per loro. La questione dei canili e del randagismo in generale, infatti, è un problema che caratterizza ancora molte regioni di Italia. Negli ultimi anni, grazie a una crescente sensibilizzazione da parte di molte associazioni, abbiamo assistito ad un importante aumento per quanto riguarda le adozioni. Ma, per debellare il problema degli abbandoni e della violenza sugli animali, c’è ancora tanta strada da fare.
Abbassare l’Iva su cibo e spese veterinarie: la proposta di veterinari e associazioni di categoria
Lo scorso 26 agosto è stata la Giornata Mondiale del Cane ed è stata anche l’occasione, per molte associazioni di categoria e veterinari, per chiedere al Governo di modificare l’Iva al 10%. Soprattutto dopo l’emergenza Covid-19.
A seguito della pandemia, infatti, è stato rilevato un decisivo impoverimento economico. Molti privati, aggravati dalla crisi, potrebbero non riuscire a sopportare un così elevato peso fiscale e, quindi, il rischio è che possa essere compromessa la domanda di salute e benessere degli animali. Se consideriamo che, in Italia, ci sono 60 milioni animali domestici (rapporto 1:1 tra animali da compagnia e popolazione italiana), possiamo meglio comprendere quanto questo problema sia reale.
Com’è l’Iva delle spese per animali all’estero?
Paesi come la Germania e la Spagna hanno da tempo compreso l’importanza di allineare le aliquote. Nella nazione tedesca, l’Iva sugli alimenti per cani e gatti, è infatti del 7%. In Spagna, invece, il Consiglio dei Ministri ha approvato, nel 2018, la riduzione dell’Iva dal 22 al 10% su tutte le prestazioni veterinarie.
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