Una delle vie per migliorare l’equità retributiva è sicuramente la trasparenza. L’Unione Europea, – con la direttiva sulla trasparenza salariale che sarà attuata entro giugno 2026 – ha deciso di porre fine al cosiddetto “segreto retributivo”. L’obiettivo è quello di dotare i lavoratori e le lavoratrici dei mezzi necessari per far valere il loro diritto alla parità, tra uomini e donne, di retribuzione per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso una serie di misure vincolanti.
Trasparenza retributiva: a che cosa serve?
La volontà di puntare alla trasparenza sulle retribuzioni è volta a garantire l’effettiva parità retributiva. In base ai dati sull’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’Inps, nel 2022, il divario di retribuzioni tra uomini e donne in Italia aveva raggiunto i 7.922 euro.
La direttiva europea, quindi, si basa sulla convinzione che una maggiore conoscibilità del sistema retributivo di un’azienda possa effettivamente arrivare a prevenire ed eliminare la discriminazione retributiva, favorendo la parità. “Giocare a carte scoperte”, infatti, permetterà di individuare eventuali discriminazioni di stipendio e, soprattutto, avere accesso ai dati utili per presentare un ricorso con maggiori probabilità di successo.
Come mettere in pratica la trasparenza retributiva?
Oltre a garantire al lavoratore tutte le informazioni legate al suo livello retributivo e sulla retribuzione media delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro, o un lavoro di pari valore, la direttiva europea prevede anche dell’altro.
Tale trasparenza, per arrivare a fare davvero la differenza, non deve limitare il campo di applicazione al rapporto di lavoro, ma deve essere estesa anche alle fasi di selezione. In altre parole, trasparenza e parità, devono essere regolamentate prima dell’assunzione, a partire dalla formulazione degli avvisi e l’uso di titoli professionali (che devono essere neutri sotto il profilo del genere), così come le procedure di assunzione non devono mettere in atto condotte discriminatorie. È inoltre previsto che i candidati a un impiego abbiano diritto a ricevere dal potenziale datore di lavoro informazioni riguardanti la retribuzione iniziale (o la fascia retributiva in cui si colloca la posizione di lavoro) e le disposizioni del contratto collettivo applicabili alla posizione lavorativa in questione.
Che cosa dovrà fare il datore di lavoro?
Per garantire ai lavoratori accessibilità alle informazioni sulle retribuzioni, sono previsti una serie di obblighi da parte dei datori di lavoro. Tra questi, c’è quello di informare annualmente i propri collaboratori rispetto ai loro diritti in materia di trasparenza. Quelle stesse informazioni, poi, devono risultare accessibili così come i criteri per la determinazione delle retribuzioni, i livelli salariali e l’avanzamento economico. Criteri che, ovviamente, devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.
Oltre a ciò, è previsto che i titolari di imprese con almeno 100 dipendenti informino le autorità competenti sul divario retributivo di genere. Laddove la differenza risulta almeno del 5% in una qualsiasi categoria di lavoratori, se non giustificato da criteri oggettivi e neutri e il datore di lavoro non abbia corretto tale disparità entro 6 mesi dalla data della comunicazione in materia di trasparenza, dovrà essere effettuata una valutazione congiunta tra i datori di lavoro e i rappresentanti dei propri dipendenti per poter intervenire con misure correttive così da prevenire e rimuovere le disparità di retribuzione.
Per facilitare i datori di lavoro nella comunicazioni delle informazioni riguardanti il divario retributivo tra uomo e donna, gli stessi Stati membri possono produrre le informazioni richieste sulla base dei dati amministrativi che i datori di lavoro comunicano attraverso dichiarazioni alle autorità fiscali o di sicurezza sociale (quindi nel contesto italiano all’Agenzia delle Entrate, all’INPS, all’INAIL).
La raccolta e la comunicazione delle informazioni relative alla retribuzione dei propri collaboratori, permette ai datori di lavoro di prendere consapevolezza sulla questione all’interno della propria azienda , dando loro l’opportunità di agire per colmare tale disparità. Mentre la raccolta di quelle stesse informazioni da parte degli Stati membri, consente di far conoscere la situazione alle autorità pubbliche competenti, così come ai rappresentanti dei lavoratori e ad eventuali altri portatori di interessi per adottare delle azioni per prevenire ed eliminare le disparità retributive e rendere effettivo il principio di trasparenza e parità di trattamento.
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