Ci siamo: il Reddito di Cittadinanza, – ovvero il sussidio mensile per i meno abbienti che prevede anche un percorso di ricollocamento per tutta la famiglia – sta per diventare realtà.
Ma, dietro la promessa di arginare la povertà con l’intento di diminuire il tasso di disoccupazione italiano, c’è il considerevole rischio di generare un boom di lavoro in nero e di casi di frode a danno della finanza pubblica. I “vantaggi” di un lavoro non regolarizzato, infatti, potrebbero esserci da entrambe le parti: sia da quella del lavoratore, la cui somma tra reddito di cittadinanza e salario in nero risulterebbe maggiore rispetto alla paga regolare, sia dalla parte del datore di lavoro, il quale potrebbe arrivare a risparmiare dal 30% al 60% sul costo del lavoro, mantenendo una prestazione lavorativa analoga.
A questo proposito, citiamo il seguente caso:
Il Salone di Bellezza X offre una posizione di lavoro come 3° livello full-time CCNL Acconciatura ed Estetica. Maria (nome inventato a titolo esemplificativo) 32 anni e due figli, dopo una prima fase preliminare, arriva subito al punto, già durante il primo colloquio conoscitivo: avrebbe accettato il lavoro, ammesso che questo non fosse registrato. Il Caf, infatti, le avrebbe fatto i conti e, in base alla sua situazione familiare e al reddito, sarebbe arrivata a prendere 1180 euro. Così, – sempre stando a quanto affermato da Maria – grazie ad un lavoretto part-time e al reddito di cittadinanza, sarebbe potuta stare dietro ai bambini ancora piccoli. La sua controproposta rispetto all’offerta di lavoro, quindi, sarebbe stata quella di lavorare il venerdì e il sabato, – “solo due giorni la settimana: che vuoi che succeda!” – per 600 euro lordi al mese.
Maria è solo un caso. (E, nella fattispecie, la posizione di lavoro come parrucchiera resta ancora aperta).
Ma quante altre circostanze come quella descritta sopra ci potranno essere? Quante posizioni di lavoro verranno chiuse senza effettive assunzioni?
La speranza, soprattutto quella dell’attuale governo, è che siano poche. A questo proposito, ovvero quello di arginare i casi di frode, sono state esponenzialmente aumentate le misure sanzionatorie contro il lavoro sommerso e irregolare (articolo 1, comma 445 della legge di Bilancio 145/2018). Come chiarito dalla circolare 2/2019, L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl) si occuperà di inasprire le sanzioni amministrative del 20% nelle seguenti disposizioni:
Maxisanzione per il lavoro a nero:
- Da 1500 a 9mila euro (occupazione a nero fino a 30 giorni)
- Da 3mila a 18mila euro (occupazione a nero da 31 a 60 giorni)
- Da 6mila a 36mila euro (occupazione a nero superiore a 60 giorni).
Irregolare somministrazione di manodopera:
- Sanzione elevata a 60 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata.
Obblighi amministrativi connessi alle procedure di distacco transazionale di lavoratori:
- Aumento da 150 a 500 euro per lavoratore
- Aumento da 500 a 3mila euro per addetto per il quale non si abbia la regolare conservazione dei documenti.
Violazioni riguardo la durata massima dell’orario di lavoro, risposi giornalieri e settimanali e ferie:
- Aumento del 20% sulle precedenti sanzioni che andavano da 200 a 9mila euro.
Questo per quanto riguarda i datori di lavoro. Ma cosa succede ai “furbetti” come Maria?
I recettori del reddito che dichiareranno il falso sono a rischio di sanzioni di carattere penale.
Nelle circostanze più gravi, come i casi di dichiarazioni false, omissione di informazioni dovute, documenti falsi, si può incorrere nella reclusione fino a 6 anni.
Coloro che non comunicano variazioni di reddito o del patrimonio, verranno puniti da 1 a 3 anni di reclusione.
In ogni caso, comunque, al beneficiario sarà immediatamente revocato l’Rdc, sarà obbligato alla restituzione integrale di quanto percepito indebitamente e non potrà più percepire il Reddito di Cittadinanza se non prima di dieci anni dalla revoca/condanna.
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