Ormai è ufficiale: il pacchetto di misure per la famiglia è stato approvato dalla commissione Bilancio della Camera con la Manovra di fine anno.
Così, a partire da gennaio 2019, con l’intento di incrementare la flessibilità tra posto di lavoro e famiglia, è stata resa agile anche la maternità. Le donne in dolce attesa, infatti, potranno scegliere di restare sul posto di lavoro fino al giorno prima del parto, così da poter fruire dei 5 mesi di congedo obbligatorio dopo la nascita del bambino. In alternativa, le lavoratrici in gravidanza, potranno scegliere di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto, fino al quarto mese successivo alla nascita.
Tutto questo sarà possibile a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato, e il medico competente ai fini della prevenzione e della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale scelta non arreca pregiudizio alla salute delle gestanti e dei nascituri.
Cosa deve fare la lavoratrice che vuole fruire della flessibilità?
Colei che vuole avvalersi della maternità flessibile, prima dei due mesi antecedenti la data presunta del parto, deve inoltrare la domanda di congedo sia al datore di lavoro che all’Inps (per via telematica).
A tale domanda, inoltre, devono essere allegate tutte le certificazioni sanitarie relative alla gravidanza. Infatti, come abbiamo detto, è possibile ottenere la flessibilità di maternità solo nel caso in cui entrambe le attestazioni mediche, cioè quella del medico Ssn e quella del medico competente ai fini della prevenzione e della sicurezza, indichino la totale assenza di condizioni controindicate per il lavoro da esercitare.
Nel caso in cui scaturiscano circostanze di rischio derivanti dalle mansioni svolte, dall’ambiente di lavoro o dall’articolazione dell’orario, la lavoratrice non potrà fruire della flessibilità e, a questo proposito, non le sarà consentita la modifica delle mansioni o, in generale, delle condizioni lavorative ai fini dell’esercizio di opzione.
Cosa deve fare il datore di lavoro nel caso di dipendenti in maternità?
In considerazione dell’esigenza di sostituzione della dipendente in maternità, è previsto uno sgravio contributivo fino al primo anno di vita del bambino (o al primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento) a vantaggio del datore di lavoro.
L’impresa che vuole ottenere lo sconto fiscale del 50% per la sostituzione delle dipendenti in congedo di maternità deve attestare, con autocertificazione da presentare all’Inps tramite il Cassetto previdenziale, di essere in possesso del requisito occupazionale e che l’assunzione dei lavoratori a termine è effettivamente fatta in merito alla sostituzione di dipendenti in astensione.
Ai fini di agevolare l’azienda, poi, è possibile stilare tali contratti di sostituzione a partire da un mese prima rispetto al periodo di inizio del congedo del dipendente da rimpiazzare.
Inoltre, lo sgravio contributivo può essere riconosciuto anche nel caso in cui la lavoratrice sostituita scelga la flessibilità del congedo e lo trasmetta al datore di lavoro quando è già stato assunto il sostituto o i sostituti. Infatti, fermo restando che il totale delle ore di lavoro resti uguale a quello della persona in congedo, possono essere assunti anche più lavoratori part-time.
E’ importante ricordare, però, che questo genere di beneficio contributivo può essere riconosciuto solamente a quelle aziende che hanno un numero di dipendenti inferiore a 20. Sono considerati, in tale sommazione, tutti i dipendenti dell’azienda, a prescindere dalla loro qualifica (compresi i dipendenti assenti e quelli part-time). Sono esclusi gli apprendisti.
Anche nel caso di lavoratrici autonome, il titolare dell’azienda ha diritto al contributo fiscale, di cui sopra, ai fini di assunzione di personale con contratto a termine ovvero di somministrazione.
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