Il mondo cambia continuamente. Le generazioni, in maniera spontanea, si evolvono e susseguono. Il difficile, spesso, sta nel tenere il passo alla mentalità che cambia. Non si tratta, quindi, solo di dotarsi delle migliori tecnologie, ma di connettersi direttamente alle persone, motrici e anima di qualsiasi organizzazione. Oggi, quindi, ci troviamo a dover entrare in empatia con la Gen Z, comprenderne le esigenze e le ragioni che stanno spingendo verso quella che possiamo definire una rivoluzione del mondo del lavoro.
Gen Z: capire chi sono e perché sono così
La Gen Z (Generazione zeta) è una categoria di nuovi adulti che si stanno affacciando al mondo del lavoro. Più propriamente, con questo termine, ci riferiamo alle persone nate tra il 1996 e il 2012 che, in base a un’indagine condotta da Adobe, costituirà il 27% della forza lavoro entro il 2025 e che già adesso si sta affermando come categoria di consumatori dominante.
Più nello specifico, la Gen Z, – quella dei nativi digitali” – è una categoria che porta memoria della crisi economica e che è stata “interrotta” da anni di pandemia. Si tratta di giovani precocemente esposti un’incertezza che li ha resi quanto mai pragmatici rispetto al lavoro.
A dispetto di ciò che si può pensare, soprattutto quando si vedono diagrammi relativi agli anni di permanenza sul posto di lavoro, la Generazione Z è destinata a essere la più istruita della storia, con il 57% iscritto a un corso di laurea rispetto al 52% dei Millenials.
Inclusione, responsabilità sociale e ambientale, – in base alle ricerche condotte da Pew Research Center – rappresentano problematiche imprescindibili per questa categoria ancora da capire.
Come mai questa categoria così intelligente non permane sul posto di lavoro?
Come si può evincere dallo schema riportato da Walter Romano (Project Manager), il tempo di permanenza medio dei giovani sul posto di lavoro è veramente basso. Da un lato, viene da chiedersi quanto possano davvero capirci, in così poco tempo, i giovani del mondo del lavoro; dall’altro, invece, si vanno a ricercare le colpe nelle aziende, forse non troppo appetibili e in grado di trattenere i nuovi talenti.
Eccoci, quindi, al fulcro della nostra indagine: capire meglio le esigenze della Generazione Z, in modo da disinnescare quel processo che li trattiene solo per poco e, allo stesso tempo, avviare programmi professionalizzanti ad hoc.
Sì, perché questa nuova Generazione ha davvero tanto da offrire ai datori di lavoro: dimestichezza sul piano digitale, visione consapevole delle dinamiche sociali e in ambito di sostenibilità, livello di istruzione più elevato rispetto all’attuale forza lavoro.
Spesso, infatti, ci troviamo davanti a realtà aziendali in cui i ritmi di apprendimento sono lenti e ammazzano, letteralmente, l’entusiasmo che un laureato può avere non appena uscito dall’università. Grandi aziende in cui si concentra un’alta percentuale di Boomers, poco inclini a rendersi disponibili rispetto ai giovani, che si sentono sempre un po “messi all’angolo” o, comunque, incompresi e mai troppo valorizzati. La mancanza di prospettive di avanzamento e crescita, vengono allora rapidamente scongiurate per mezzo di un cambiamento repentino del lavoro. Lavori che, dopo tutto, lasciavano ben poco spazio alla vita privata e ai propri valori di sostenibilità e formazione.
Aziende e Gen Z: dov’è il punto di incontro?
Mettendo insieme i risultati di recenti indagini e testimonianze dirette, il nodo relativo alla permanenza della Gen Z sul posto di lavoro potrebbe essere sciolto concentrandosi su 3 punti:
- Necessità di orientamento e avanzamento: supporto a livello umano e professionale da parte di un mentore all’interno dell’azienda. Poter fornire un feedback immediato, curare la comunicazione e la trasparenza; fornire con costanza tutoraggio, formazione e stimoli. Garantire, inoltre, la possibilità di avanzare e fare carriera.
- Avere dei valori e difenderli: la Generazione Z lotta contro ogni tipo di diversità e di ingiustizia. Ricerca, sul posto di lavoro, prove sulla dedizione aziendale verso i temi dell’inclusione e della sostenibilità. Applicare una strategia di Diversity Menagement, quindi, può essere un buon sistema per attirare e trattenere nuove giovani risorse nella propria impresa.
- Work-Life Balance e salute mentale: la stragrande maggioranza degli appartenenti a questa categoria, come ambizione, mette al primo posto l’equilibrio tra posto di lavoro e vita privata. La Generazione Z, infatti, fa particolarmente caso alla salute mentale, – intesa come diritto alla disconnessione, ambiente di lavoro sano, sana comunicazione, valorizzazione e riconoscimento. Oltre a questo, probabilmente accentuata dalla pandemia, i giovani di oggi conoscono a fondo il valore del tempo e, per questo, apprezzano particolarmente il lavoro flessibile. Secondo i dati Adobe, il 74% degli intervistati sarebbe disposto a cambiare lavoro per ottenere un migliore equilibrio tra professione e vita privata; il 66% preferirebbe avere un maggiore controllo rispetto all’orario di impiego; il 63% vorrebbe lavorare da remoto.
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