Il congedo parentale 2023 ha guardato in faccia alla maggior parte delle statistiche che vedono le donne svolgere quasi l’80% del lavoro non retribuito: quello della cura familiare. A questo proposito, la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto importanti novità volte a favorire non solo i genitori e la genitorialità dei lavoratori dipendenti, ma anche una gestione familiare maggiormente condivisa.
Novità congedo parentale 2023
Tra le novità, la norma prevede che dei 9 mesi di astensione indennizzata, un mese sarà coperto non al 30 bensì all’80%. La regola vale solo per il limite massimo di un mese, da usufruire entro il 6° mese di vita del figlio/a. Stavolta, la norma non si riferisce solamente alle madri, ma anche (alternativamente) ai padri.
In modo sempre più frequente, stiamo iniziando a parlare anche di “paternità”. Anzi, un numero crescente di indagini, mira proprio a incrementare la conoscenza rispetto ai congedi in vigore e indaga rispetto al grado di soddisfazione (e di difficoltà) presentate dalle categorie interessate. Non solo: si cerca di incrementare la sensibilità rispetto alle parole e ai modi di dire. Ad esempio: quando i padri si avvalgono del congedo di paternità, non stanno facendo i “mammi”, ma i padri.
Come funziona il congedo parentale?
Il congedo di maternità o di paternità riguarda la possibilità di astenersi per un periodo dal lavoro per prendersi cura dei figli, chiaramente senza perdere il posto. In questo caso, a differenza del congedo obbligatorio di maternità (che può essere fruito dal padre in alcuni casi), si tratta di una scelta libera.
Il congedo parentale spetta sia alla madre che al padre, da ripartire tra i due e per un periodo non superiore a 10 mesi, elevabile a 11 mesi al massimo in alcuni casi nei primi 12 anni di vita del bambino. Dei 10 – 11 mesi, massimo 9 sono indennizzati al 30% della retribuzione (dal 2023 un solo mese può essere pagato all’80%).
Il congedo di paternità è una questione politica importantissima
Per fare in modo di favorire la conciliazione tra tempi di vita (di entrambi i genitori) e tempi di lavoro (sempre di entrambi), è necessario ripartire proprio dai padri.
Le madri, infatti, continuano a farsi carico di tutte le responsabilità di cura familiare e continuano a fioccare in gran numero i casi di donne che si ritirano dal mondo del lavoro o che fanno richiesta di un part-time per fare fronte a tutto. E questo non va bene. A maggior ragione, visto che da molte indagini emerge che molti uomini preferirebbero avere più tempo da dedicare alla cura degli affetti.
La questione politica, quindi, riguarda questo forte divario di genere alquanto pronunciato nell’orario di lavoro. La conciliazione costituisce una misura di ampio respiro che affronta la situazione delle donne sul mercato del lavoro e al contempo incoraggia il rafforzamento del ruolo di cura degli uomini all’interno del nucleo familiare, contribuendo così a promuove la non discriminazione e la parità di genere.
La questione sociale, invece, pone una maggiore enfasi su come e quanto la figura maschile potrebbe contribuire e riequilibrare la situazione. Il congedo di paternità retribuito in occasione della nascita di un figlio rafforza il legame tra padre e neonato, contribuisce a un migliore sviluppo cognitivo del bambino, diminuisce il livello di stress del padre legato alla nascita e offre un maggiore sostegno alla madre.
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