Sono quasi tre donne su quattro ad aver lasciato il proprio impiego per le difficoltà legate alla conciliazione del lavoro con la cura dei figli (in base ai dati INL di fine 2021). Nonostante le cifre siano alquanto “forti”, la notizia di per sé non ci appare poi così strana. Almeno, non quanto quella in cui sono i papà che decidono di rinunciare, o ridimensionare, la carriera per stare insieme ai propri bambini.
Il racconto di due papà che hanno fatto una scelta “strana”
In questo giorno dedicato al papà, noi dello Studio Pieri abbiamo voluto raccontare una storia un po’ diversa: quella dei mariti di due nostre collaboratrici, che hanno scelto di ridimensionare la carriera per stare accanto alla famiglia e ai figli.
Davide (32 anni)
1. Di che cosa ti occupavi prima di fare questa scelta?
Sono stato titolare di una gelateria artigianale per circa 8 anni. Oggi sono di nuovo dipendente presso una ditta metalmeccanica, così come lo sono stato prima dell’esperienza di gelataio in proprio.
2. Quali sono stati i principali motivi che ti hanno spinto a rinunciare alla carriera?
Dopo 8 anni di attività in proprio in una realtà di periferia, che mi ha dato tante soddisfazioni sia lavorative che personali, ero arrivato a un bivio: ampliare l’attività e crescere come imprenditore oppure venderla e tornare a fare il dipendente per avere più tempo per la famiglia. Questo secondo aspetto ha prevalso. Ho due bambini di 6 e 8 anni e volevo avere tempo da passare con loro, cosa che mi è più mancata gestendo un’attività.
3. Come e quanto ha influito la pandemia sulla volontà di cambiare vita?
Probabilmente, anzi quasi certamente, avrei fatto la stessa scelta a prescindere dalla pandemia, ma senza dubbio questi 2 anni hanno costretto a una modalità di lavoro più stressante dal punto di vista mentale e organizzativo. Mia moglie mi ha affiancato più del solito nella gestione dell’attività e questo ha comportato uno sconvolgimento della nostra organizzazione familiare e i bambini sono stati molto più tempo con i nonni piuttosto che con i genitori, soprattutto nei fine settimana e d’estate.
4. Secondo te, perché generalmente sono le madri che sacrificano il lavoro per dedicarsi ai figli?
Credo sia “naturale”, il bambino nasce dalla mamma e appena nato e da piccolo ha bisogno della mamma. Poi, indubbiamente, è la società anche a imporre questo. Personalmente non avrei alcun problema ad invertire le parti, anzi! In realtà l’ho anche fatto poco dopo la nascita del nostro primo bambino, presi la paternità per permettere a mia moglie di laurearsi: perciò, ero io spesso ad alzarmi la notte, ero io a vestirlo e uscire col passeggino la mattina, mi è persino capitato di ritrovarmi ai giardini con mamme del gruppo preparto! La difficoltà oggi per i papà, però, è trovare occupazioni che accettino, ad esempio, un orario part-time (penso soprattutto agli operai in fabbrica).
5. Quanti altri papà accompagnano e riprendono a scuola i figli, o vanno ai colloqui con le docenti?
In realtà, per gli orari che avevo come gelataio riuscivo più prima ad accompagnare i bambini a scuola di adesso che faccio orario standard 8-17. E a dire il vero, si vedono tanti nonni che si occupano dell’entrata e dell’uscita da scuola dei bambini. Ma la gestione scolastica, per quel che ci riguarda, ricade sicuramente sulla mamma.
Adesso però, all’uscita di lavoro, posso raggiungere i bambini fuori scuola o ai giardini o accompagnarli a fare sport…ho il tempo di stare con loro nella quotidianità, mentre prima li salutavo la mattina, li vedevo di sfuggita il pomeriggio se veniva a fare merenda in gelateria e spesso tornavo a casa che già dormivano.
6. Come è stata vista dai colleghi una decisione di questo tipo?
Abbandonando un’attività in proprio, nel mio caso più che di colleghi si parla di clienti. Tanti mi hanno chiesto il motivo di questa scelta e, seppur non detto espressamente, da molti trapelava l’idea che fosse dovuta a una questione economica legata magari alla pandemia. Io ho sempre risposto la verità: nonostante il Covid, fortunatamente, seppur con sacrificio, l’attività ha continuato a funzionare e bene e la mia è stata una scelta personale, pensata per la famiglia e per i figli. Di fronte a questa risposta mi sembra di ricevere comprensione il più delle volte.
7. Come riuscite ad affrontare i cambiamenti economici?
Eravamo consapevoli del cambiamento anche in tal senso. Ma in questa fase, con i bambini nella fascia d’età 6-8 anni, il tempo della gita fuori porta, del giro in bicicletta della domenica, della vacanza al mare d’estate vale molto di più. Fra qualche anno i bambini dopo scuola avranno gli amici e il finesettimana dubito vorranno passarlo con i genitori. Forse allora tornerò a fare l’imprenditore!
8. Quali sono i vantaggi che derivano da questa scelta?
Un po’ credo di aver già risposto a questa domanda. I vantaggi si riassumono nella parola “tempo”. Ho fatto questa scelta per poter avere il tempo di stare con la famiglia nel quotidiano, di occuparmi anch’io dei bambini. Il vantaggio è poter programmare un finesettimana di marzo da qualche parte, un pic nic una domenica qualsiasi o anche semplicemente stare a casa e aiutarli a fare i compiti. Non l’ho praticamente mai fatto da quando sono nati o è sempre stato un ritaglio di tempo. Ora voglio esserci.
Giuseppe (40 anni)
1. Di che cosa ti occupavi prima di fare questa scelta?
Continuo a lavorare all’interno della stessa galleria di arte contemporanea, occupandomi di allestimenti e logistica. Il cambiamento, per assurdo, è scattato nel momento in cui mi hanno offerto di dirigere un ramo dell’azienda: ho intimamente compreso di volere più tempo da dedicare alla famiglia, piuttosto che altro tempo da investire nel lavoro. La scelta, nel mio caso, è stata accelerata dalla scoperta di essere “in attesa” di un nuovo figlio. Così, anziché accettare la loro proposta, ho richiesto un ridimensionamento dell’orario: da full-time a part-time verticale.
2. Quali sono stati i principali motivi che ti hanno spinto a rinunciare alla carriera?
Tra i principali motivi, c’era l’impatto della routine sulla famiglia. La mia giornata tipo mi vedeva uscire di casa la mattina presto, talvolta senza neanche riuscire a dare il buongiorno ai figli, per poi rientrare la sera e potermeli godere solo un paio di ore. Oltre a questo, il tipo di carriera che mi si prospettava, mi avrebbe costretto a rinunciare alla possibilità di realizzarmi come scultore autonomo.
3. Come e quanto ha influito la pandemia sulla tua volontà di cambiare vita?
Durante la pandemia, soprattutto nei periodi che ci hanno visti costretti a casa, ho avuto modo di riscoprire l’importanza del tempo trascorso con i miei cari e quello da dedicare alle mie passioni. Forse è stato proprio in quel periodo che ho rivisitato la scaletta delle mie priorità, arrivando a modificare tutto l’assetto professionale.
4. Secondo te, perché generalmente sono le madri che sacrificano il lavoro per dedicarsi ai figli?
Sicuramente, in risposta a un bisogno naturale: quello del bambino, non solo nei primi tre mesi di vita, ma almeno per il primo anno. Successivamente, non è così semplice tornare a incastrare lavoro e casa. Così succede che tante mamme decidono di non rientrare a lavoro, oppure di farlo parzialmente. Anche perché, spesso, gli stipendi dei padri sono maggiori rispetto a quelli delle compagne. Infine, credo che possa influire anche un condizionamento storico-culturale.
5. Quanti altri papà accompagnano e riprendono a scuola i figli, o vanno ai colloqui con le docenti?
Quando vado a prendere mio figlio, fuori dalla scuola vedo prevalentemente mamme e anche tanti nonni. Oltre ai colloqui, altri contesti in cui continuano a prevalere le madri, sono le chat della scuola, la sala d’aspetto del pediatra. Un padre rappresentante di classe, addirittura, viene visto come una bestia rara, da “ammirare”.
6. Come è stata vista dai colleghi una decisione di questo tipo?
Anche in questo caso, la percezione è stata di ammirazione, quasi come se stessi compiendo qualcosa di coraggioso e straordinario. Fortunatamente, forse anche per l’impegno professionale che tutti mi hanno sempre riconosciuto o per il fatto che sono circondato prevalentemente da colleghe donne, non ho ricevuto commenti o impressioni negative, come se la mia scelta potesse essere dettata da una scarsa voglia di lavorare.
7. Come riuscite ad affrontare i cambiamenti economici?
Per continuare a far fronte alle spese, abbiamo riorganizzato non solo le “entrate”, ma anche le “uscite”. Nel primo caso, è vero che ho ridotto l’orario di lavoro come dipendente, ma ho anche portato avanti (e da casa) la mia attività artistica; nel secondo caso, invece, abbiamo venduto una delle due auto, puntiamo sull’autoproduzione e limitiamo parrucchiere, cene fuori e acquisti non indispensabili.
8. Quali sono i vantaggi che derivano da questa scelta?
La ricchezza umana. Non solo poter essere presente sia nei momenti importanti che nelle piccole cose dei miei figli, ma anche avere tempo per portare avanti le mie passioni, com’è stato con la scultura. Nondimeno, poter collaborare nella gestione familiare: andare a pagare una bolletta, fare la spesa, cucinare, apparecchiare, lavare, stirare. Tutto, tutti insieme!
Domanda per i bambini: voi cosa ne pensate di questo papà che riesce ad essere di più a casa?
Leonardo (7 anni): “È una cosa bellissima perché papà sta di più con noi, – e può venire a prendermi in piscina!”.
Samuele (5 anni): “Sono contento così lo posso sfidare tutti i giorni a calcetto! Anche se ogni tanto mi da noia…”.
Guido (7 anni): “Penso che sia molto meglio! Così possiamo giocare, andare in giro e fare tutte le cose insieme”.
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