Mai, come adesso, avevamo preso in considerazione (e applicazione!) lo Smart Working.
Introdotto già da qualche anno con il Jobs Act, Legge 81/2017, questa particolare modalità di lavoro, – definita “agile” per le sue caratteristiche – è stata fino ad ora applicata per conciliare i tempi di vita e lavoro del dipendente.
Col Dpcm dell’08 marzo 2020, invece, essa è stata semplificata ed estesa a tutto il territorio nazionale. Proprio all’articolo 1, Comma 1, Lettera “e”, troviamo una raccomandazione verso i datori di lavoro, sia privati che pubblici.
Smart Working: procedure più semplici introdotte dal Governo
La modalità di lavoro agile è stata raccomandata sin da subito dal Governo attraverso il susseguirsi dei vari decreti.
Di fronte all’emergenza, infatti, si è verificata una duplice problematica:
- Portare avanti l’attività lavorativa;
- Limitare gli spostamenti per preservare la sicurezza di tutti.
Come ha esposto Simone Cagliano durante un intervento al Forum Lavoro/Fiscale, “Speciale Coronavirus”, – il lavoro agile, per l’attuale situazione d’emergenza, deve essere applicato dal datore di lavoro così come da deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020. Come ci fa giustamente notare Simone Cagliano, ciò vale per il lavoro subordinato, anche in assenza di accordi individuali (previsti dalla prassi, invece, in condizioni normali).
I passaggi previsti da questa procedura semplificata risultano essere:
- Fornire, per via telematica, la normativa sulla sicurezza al lavoratore e al RLS. Consigliato anche l’invio di un’informativa pratica comprensiva dei principi cardine per lo svolgimento del lavoro in modalità smart working, specificando, altresì, che il contratto di lavoro sancito col dipendente non cambia.
- Depositare la comunicazione obbligatoria sul portale entro 5 giorni dall’avvio della prestazione del lavoro agile. Date le circostanze, tale differente prestazione lavorativa è intesa come una “trasformazione” del rapporto di lavoro, – e non come stipula di un nuovo contratto tra le parti.
Leviamoci, insieme, qualche dubbio rispondendo alle domande più frequenti:
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Il lavoratore in smart working può beneficiare di permessi e ferie?
Sì. Il lavoro agile corrisponde, in questo senso, al lavoro “classico”.
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Quanti giorni alla settimana il datore di lavoro deve concedere di smart working?
Non c’è un’indicazione puntuale che abbia disciplinato il numero di giorni che il datore di lavoro è tenuto a concedere di smart working.
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Il lavoratore in smart working può decidere, autonomamente, di lavorare di più rispetto al consueto orario di lavoro?
In circostanze “normali”, tale punto viene chiarito da chi sigla l’accordo. Accordo che, nelle circostanze attuali, non è previsto.
Pertanto, come ritroviamo all’articolo 18, comma 1, il lavoratore agile opera entro i classici limiti dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. Se ne deduce, pertanto, che il lavoro straordinario debba essere svolto solo su specifica richiesta da parte del datore, in modo da assecondare sia l’impianto normativo classico del decreto legislativo 66/2003, sia perché la prestazione lavorativa viene intesa in modo normale.
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È necessaria un’autocertificazione da parte del lavoratore per passare alla modalità smart working?
No. Non è necessaria.
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Il Decreto Cura Italia, all’articolo 39, introduce le disposizioni sul lavoro agile. Cosa è cambiato rispetto ai precedenti decreti?
Al primo comma, è sancito che il datore di lavoro può imporre lo smart working con l’obbiettivo di proteggere il lavoratore rispetto al rischio di contagio.
Per la prima volta, inoltre, viene data la possibilità unilaterale al lavoratore di richiedere la prestazione di lavoro in modalità agile. È bene precisare, comunque, che tale diritto è ristretto fino al 30 aprile 2020 e riservato ai dipendenti disabili, o che abbiano in famiglia membri con disabilità.
Allo stesso modo, come stabilito al secondo comma, le persone con ridotta capacità lavorativa hanno la priorità nel richiedere tale modalità di prestazione di lavoro.
È bene precisare che lo smart working deve essere compatibile, ad ogni modo, con le mansioni del lavoratore e continuativo rispetto all’attività lavorativa di partenza.
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