Il 2 giugno del 1946 le donne italiane si recarono alle urne per la prima volta. Chiamate a scegliere tra Monarchia e Repubblica nel referendum, contribuirono a quei 12.718.641 voti che decretarono l’esilio di casa Savoia e l’inizio del percorso che avrebbe portato, nel 1948, alle elezioni per il primo governo di maggioranza.
Facciamo la storia
Mentre una nuova nazione usciva dalle macerie della guerra, pronta a diventare Repubblica, accadde anche qualcos’altro di mai visto prima: alle italiane fu concesso di votare per la prima volta.
Loro, che da secoli erano state escluse dalla vita sociale e politica del Paese, arrivarono emozionate e in massa a decidere il futuro dell’Italia. Ma questo, il momento del voto in quel fatidico 2 giugno 1946, fu solamente il punto di arrivo di un percorso appassionato, tortuoso, spesso silenzioso. Un percorso sicuramente segnato dalla resistenza femminile, da sacrifici come quello di Giulia Lombardi, uccisa dai fascisti nel 1944, o da ruoli fondamentali come quello di Carla Capponi e Irma Marchiani, così come di tante altre staffette e combattenti.
Già da prima della guerra, seguendo i passi delle altre donne in Europa, le italiane avevano iniziato a prendere consapevolezza dei loro diritti.
Tra le figure più importanti per l’emancipazione femminile nella nostra nazione, troviamo Anna Maria Mozzoni che, già nel 1877, aveva presentato mozioni al Parlamento italiano proprio per la concessione del voto. Sulla scia delle colleghe inglese, anche la famosa pedagogista Maria Montessori lottò per la stessa causa. Ma non furono solo le donne per le donne. È questo il caso di Francesco Saverio Nitti che, nel 1919, chiese di estendere il voto anche a loro. Ci riprovano, ancora senza ottenere pareri favorevoli all’unanimità, Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi, nel 1945.
Tutto sempre invano.
Ma ormai i sentimenti erano scossi e la mente non poteva fare a meno di proiettarsi su pensieri di indipendenza, parità e modernità. Ed è così che arriviamo al decreto legislativo del 1 febbraio 1945 n. 23 che permetterà alle ventunenni il diritto di voto attivo, mentre il decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74 concederà alle donne maggiori di 25 anni il diritto di voto passivo (le uniche a essere escluse dal diritto di voto attivo saranno le donne citate nell’articolo 354 del regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza cioè le prostitute schedate che lavorano al di fuori delle case dove è loro concesso esercitare la professione).
Ed eccoci finalmente al 2 giugno 1946
Alle donne fu consigliato di presentarsi alle urne prive di rossetto. Non era una questione di estetica: nel chiudere con la saliva la busta, avrebbero potuto lasciare tracce di trucco, rendendo nullo il voto. Tra quelle donne senza rossetto, quel giorno, c’era anche Anna Iberti, maestra milanese di 24 anni che dalle pagine di un celebre quotidiano sorrideva per celebrare la nascita della Repubblica. Divenne l’icona di un Paese che guardava con speranza al futuro, lasciandosi alle spalle le macerie della guerra.
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