Eccoci qua, nell’era della messaggistica istantanea, delle notifiche mail in tempo reale, dei live report delle prestazioni aziendali, dell’immediato acquisto online, dei colloqui professionali tramite videochiamate. Quando? Anche ora, subito, attraverso qualsiasi mezzo, da non-importa-dove, – purché ci sia connessione.
Insomma, la continua e irrefrenabile evoluzione tecnologica è entrata prepotentemente non solo nella vita di tutti noi, ma anche all’interno del mondo del lavoro modificando, ad esempio, le strutture organizzative aziendali. Sempre più spesso, infatti, si parla di Smart Working o lavoro agile.
Ma che cos’è lo Smart Working? E dove dove finisce la libertà del datore di lavoro a reperire e inizia il diritto alla disconnessione del lavoratore?
Lo Smart working, o lavoro agile, è un modo innovativo di intendere quello che comunemente viene definito “posto di lavoro”. Il lavoro “smart”, infatti, è basato sulla flessibilità oraria e dei luoghi unito al sapiente utilizzo della tecnologia. Sotto molti aspetti, viene anche ritenuto una nuova filosofia manageriale in grado di restituire alle persone una maggiore flessibilità e autonomia e, quindi, una migliore conciliazione lavoro-casa, a fronte di una maggiore responsabilizzazione dei risultati.
Tutto questo ripensare al lavoro in un’ottica intelligente, inoltre, non fa che incrementare il welfare aziendale, ovvero il benessere correlato al lavoro. Questo, a sua volta, – come abbiamo visto nel precedente articolo (“Welfare aziendale: prendersi cura delle persone è il segreto per un amore duraturo e un’azienda vincente“) – si traduce facilmente in maggiore produttività ed efficienza.
Insomma, grazie allo Smart Working si può innescare un circolo virtuoso e vantaggioso sia per il datore di lavoro che per il dipendente ma, allo stesso tempo, aumentano anche i margini di incertezza per ciò che riguarda orari di lavoro e reperibilità.
Che cosa dice la legge?
La prospettiva di una crescente diffusione dello Smart Working anche in Italia, così come lo è già in tutta Europa, ha creato la reale necessità di una normativa in grado di tutelarlo al meglio. Nel giugno 2017, così, entra in vigore la Legge 81, il cui riferimento è soprattutto incentrato sulla dimensione spazio-temporale del lavoro, la quale deve essere concordata attraverso un accordo volontario tra datore di lavoro e dipendente.
Nonostante le modalità di lavoro più elastiche, infatti, vi sono dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale che derivano dai contratti collettivi. Nel suddetto contratto, così, dovranno essere individuati anche i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione intellettuale del lavoratore dagli strumenti tecnologici del lavoro. Inoltre, il potere disciplinare e di controllo previsto per il datore di lavoro, in questi specifici casi, deve essere esercitato senza controlli occulti, continuativi o pervasivi, stante il diritto di sorveglianza da parte del datore di lavoro col fine di verificarne l’esatto adempimento.
Ma non finisce qui: chi svolge la prestazione di lavoro in modalità agile non deve essere discriminato in termini di compenso e trattamento rispetto ai colleghi che svolgono analoghe mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. Come costoro, inoltre, anche lo smart worker ha diritto alla periodica formazione e certificazione prevista dall’azienda, a meno che non sussistano accordi che lo esulano dall’apprendimento permanente.
Insomma, attraverso una regolamentazione funzionale che, – da una parte, possa garantire la verifica della produttività del lavoratore agile e, dall’altra, tuteli quest’ultimo dal rischio di tecno-stress – lo Smart Working pare proprio essere una soluzione che va bene (e fa bene) a tutti.
A suo avviso posso convertire due telelavoristi in lavoratori agili? Posso farlo con accordo individuale? Grazie mille
Buongiorno,
mi fa molto piacere poterla aiutare. In linea di principio la risposta è si a entrambi i quesiti, ma la conversione di un “telelavorista” in lavoratore agile dipende dalle modalità di stipulazione dell’accordo di instaurazione del rapporto di telelavoro.