Dal 13 agosto è ufficialmente entrato in vigore il d.l. n. 104/2022 (c.d. Decreto Trasparenza) di recepimento della direttiva UE 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.
L’intento promosso dalla nuova direttiva è quello di creare rapporti di lavoro trasparenti e prevedibili, – così come dichiarato nel provvedimento europeo. Come spesso accade, però, dietro i buoni propositi si possono nascondere gli attriti e, aldilà delle incomprensioni e delle inadempienze, possono scattare pesanti sanzioni.
Nuovi obblighi d’informazione
All’interno del Decreto Trasparenza, troviamo disposizioni che regolano le condizioni del rapporto di lavoro, le prescrizioni minime di questo (periodo di prova, cumulo degli impieghi, durata del lavoro, trasformazione del contratto, formazione obbligatoria) e tutta una serie di misure che tutelano il lavoratore a partire dalla sua assunzione.
I destinatari della nuova norma sono tutti i collaboratori impiegati in forme di lavoro subordinato, – compreso quello agricolo, somministrato, intermittente e collaborazioni etero-organizzate di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409, n. 3, c.p.c., contratti di prestazione occasionale di cui all’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017 (conv. da L. n. 96/2017), i rapporti di lavoro marittimo e della pesca, domestico e con le Pubbliche Amministrazioni.
Tutti i nuovi adempimenti previsti dal Decreto Trasparenza possono essere assolti tramite modalità elettronica, – ad esempio attraverso la posta elettronica; questo a condizione che il datore di lavoro conservi prova della trasmissione/ricezione delle informazioni per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro.
Sanzioni previste dal Decreto Trasparenza
La nuova normativa relativa alla trasparenza nei contratti di lavoro prevede che l’obbligo informativo venga assolto al momento stesso dell’instaurazione del rapporto di lavoro. In altre parole, prima dell’inizio dell’impiego, tutte le informazioni devono essere trasmesse al nuovo collaboratore nel contratto individuale di lavoro redatto per iscritto, oppure nella copia di instaurazione della relazione lavorativa.
In base alle nuove regole, se il lavoratore denuncia all’Ispettorato Nazionale per il Lavoro il mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi informativi previsti dal Decreto Trasparenza e dalle norme vigenti, una volta effettuati i necessari accertamenti, si applicano: una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato oltre a tutte le disposizioni di garanzia previste dalla L. n. 689/1981 e alla procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.
Problematiche del nuovo Decreto Trasparenza
La prima difficoltà che emerge è legata alla tempistica: tutte le informazioni previste dal nuovo decreto dovranno essere inserite nel contratto al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro o, al massimo, entro sette giorni o un mese dall’inizio dell’impiego. La variazione del tempo a disposizione dipende dall’entità stessa delle informazioni: alcune di queste, – sempre seguendo il testo del nuovo decreto – vengono classificate come essenziali e altre no. Fra quelle imprescindibili, troviamo, ad esempio, la programmazione dell’orario ordinario del lavoro. Laddove non sia possibile stabilire un prospetto d’orario, l’impiegato dovrà essere informato riguardo a:
- La mutabilità della programmazione del lavoro;
- Le ore e i giorni di riferimento;
- Il periodo minimo di preavviso.
Cosa non propriamente facile, se vista dal lato del datore di lavoro.
Tanto più perché, nei suddetti casi, – in base a quanto previsto dal nuovo Decreto – il lavoratore può anche rifiutare l’esecuzione della prestazione, senza subire pregiudizio. Oltre a questo, il lavoratore ha diritto a poter pianificare il proprio impiego considerando che ci possa essere un ristoro attraverso una consona compensazione del mancato guadagno dovuto alla tardiva revoca di un incarico, preventivamente pattuita col datore di lavoro. Laddove avvenga l’effettiva revoca di una prestazione di lavoro da parte del datore, se non comunicato al lavoratore con un ragionevole preavviso, a quest’ultimo spetterà comunque la somma pattuita o una a titolo di compensazione non inferiore al 50% di quella convenuta.
Se ora torniamo a pensarla dal punto di vista del datore di lavoro, possiamo comprendere quanto possa essere difficile, per un’azienda, “preventivare gli imprevisti” e gli inevitabili cambiamenti rispetto ai propri piani di lavoro; a quante e quali conseguenze negative possono insorgere a seguito delle nuove disposizioni.
Vieni ufficializzata la possibilità, per il lavoratore, di detenere più contratti di impiego. Il fatto di non poter imporre l’esclusività (salvo casi particolari, come la non compatibilità fra i lavori), porterà sicuramente ulteriori difficoltà, soprattutto all’interno di quelle aziende di impostazione anglosassone.
Infine, i lavoratori con anzianità di sei mesi presso la stessa azienda, avranno diritto a richiedere, previa forma scritta, condizioni di lavoro più stabili, sicure e prevedibili. Un’altra disposizione problematica, quindi, che si presta ad essere “cavalcata” da dipendenti desiderosi di innescare casus belli con il proprio titolare.
Insomma, se è vero che “non è tutto oro quello che luccica”, possiamo altresì affermare che “Non è del tutto trasparente quello che viene promesso dal nuovo Decreto”.
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