Tra i servizi Welfare più importanti all’interno di un’azienda, spicca la sanità integrativa.
Sanità integrativa: cos’è?
L’assistenza sanitaria integrativa permette ai dipendenti di ottenere rimborsi sulle spese sanitarie sostenute (talvolta estese anche a coniuge e figli), utilizzando le agevolazioni con strutture sanitarie e specialisti privati, cui il titolare di impresa aderisce. Attraverso questo sistema, in altre parole, è possibile integrare e/o sostituire i servizi messi a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale, riducendo sensibilmente code e tempi di attesa.
Oggi più che mai, in cui gli ospedali pubblici sono fortemente occupati a fronteggiare l’emergenza Covid-19, l’attivazione di tali servizi sanitari da parte dell’azienda risulta essere importante. Oltre ai piani sanitari ordinari, infatti, sono state istituite nuove coperture sanitarie ad hoc: indennità da ricovero in caso di positività al tampone, diaria per l’isolamento domiciliare, nonché misure per supportare la ripresa psicofisica dei lavoratori. Parallelamente, molte aziende, hanno stipulato specifiche polizze assicurative per i propri dipendenti.
Aderire all’assistenza sanitaria integrativa
Per prima cosa bisogna rivolgersi ad uno dei soggetti che possono farsi carico dei fondi sanitari per le aziende. Il ricorso alla sanità privata può interessare il singolo, che può stipulare polizze e contratti in autonomia, o essere realizzato in forma collettiva, se rientrante tra i diritti previsti dai CCNL, dagli albi professionali o da specifici contratti integrativi predisposti dalle singole aziende. Tali fondi si impegnano a raccogliere contributi di assistenza sanitaria a favore dei lavoratori dipendenti, mentre sgravano l’azienda da costi e tasse aggiuntive.
Dal momento che le modalità di adesione e le possibili forme di assistenza sanitaria integrativa sono molto varie, è importante informarsi correttamente: le possibili agevolazioni fiscali variano a seconda della forma assistenziale scelta.
Vantaggi aziendali con l’attivazione della sanità integrativa
Il Testo Unico delle imposte dirette (Tuir) permette, nella maggior parte dei casi, di dedurre annualmente dal reddito i contributi versati a una forma di assistenza integrativa fino all’importo massimo di 3615,20 euro (sfruttando l’intera soglia, per coloro che abbiano una tassazione IRPEF pari mediamente al 30%, si può quantificare l’incentivo come pari a 723 euro).
Questa forma di beneficio, però, si applica solo nel caso di adesione negoziale o per i lavoratori in quiescenza (compresi i familiari non a carico), che vi hanno aderito durante il rapporto di lavoro, restandovi iscritti anche dopo la cessazione del rapporto, versando in proprio l’intero contributo senza oneri per il datore di lavoro. Diversamente, non si applica a coloro che risultano iscritti a una modalità di assistenza o hanno sottoscritto una polizza sanitaria.
Trattamento relativo alle varie forme, in base alla distinzione tra fondi doc e fondi non doc:
- Fondi cosiddetti “doc”, istituiti e regolati in base all’art. 9 del dlgs.502/1992 successivamente consolidato nella “riforma Bindi” (dlgs.299/1999). A tali forme di assistenza sanità integrativa si applica l’art .10 del Tuir che permette la deducibilità fiscale dei contributi versati annualmente con un massimo di 3.615,20 euro. Inoltre, l’aderente potrà detrarre la quota parte delle spese sanitarie rimasta a proprio carico.
- Fondi cosiddetti “non doc”,definiti dall’art. 51, comma 2, lettera a) del Tuir come “enti casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali”. Ai fini della classificazione, nonché per poter beneficiare delle medesime facilitazioni fiscali dei fondi “doc”, devono dimostrare di aver destinato annualmente il 20% dell’ammontare complessivo delle erogazioni a favore degli iscritti nelle prestazioni previste per i sopracitati fondi doc (Decreto Turco 2008); il successivo decreto del ministro Sacconi (2009) ha poi precisato l’elenco delle prestazioni ammissibili ai fini del rispetto della soglia del 20%, raggruppandole in quattro aree:
- Assistenza odontoiatrica;
- Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria per i non autosufficienti per favorire l’autonomia e la permanenza a casa, ma anche presso strutture residenziali e semiresidenziali non assistibili a domicilio;
- Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale da garantire ai non autosufficienti, sia a casa sia presso strutture esterne;
- Prestazioni destinate a recupero di soggetti temporaneamente inabili per infortunio o malattia, dagli ausili ai dispositivi medici fino alle cure termali e alla riabilitazione.
Una volta rispettato il tetto del 20%, è così possibile accedere lo sgravio del contributo annuo fino a 3.615,20 euro a patto che la contribuzione sia avvenuta “in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale”. Impostazione confermata dall’Agenzia delle Entrate che, in risposta a un interpello del dicembre 2014, ha ribadito che lo sgravio contributivo è limitato ai lavoratori dipendenti per effetto di un contratto o regolamento aziendale.
Leave a Comment