Se prima della pandemia lo Smart Working appariva una realtà ben lontana alla maggior parte delle imprese italiane (soprattutto quelle di piccole dimensioni), durante la quarantena molte persone e aziende si sono ritrovate costrette a conoscerlo e a metterlo in pratica.
Per molti, lavorare da casa ha confermato i pronosticati vantaggi, come la conciliazione vita-lavoro, una riduzione di stress e inquinamento, aumento dell’autonomia e innovazione. Per altri, invece, si è tradotto in una quasi completa alienazione rispetto al lavoro.
Vedi anche: “Smartworking: vantaggi e svantaggi rilevati durante la pandemia”.
Smart Working: testimonianze di chi lo ha provato e apprezzato e di chi no
Lo Smartworking può essere considerato un modo di lavorare più comodo e, come abbiamo scoperto durante questo Covid-19, anche più sicuro. Ciò che non ci aspettavamo, era la complessa organizzazione e la forte concentrazione che questo metodo richiede per il raggiungimento degli obiettivi.
Ripercorriamo insieme i vantaggi e gli svantaggi emersi in questo periodo attraverso le testimonianze dirette di chi ha goduto dello Smartworking e di chi, invece, si è ritrovato a subirlo.
“I vantaggi sono decisamente maggiori degli handicap”, Dario (31 anni – brand ambassador – Milano)
“Svolgo un lavoro di ufficio, ovvero trascorro le mie otto ore lavorative davanti a un computer. Per raggiungere la sede entro le 09:00, abitando in un piccolo paesino fuori dalla città, mi devo svegliare ogni mattina presto per prendere tutta una serie di mezzi (e sperare che nessuno di essi faccia ritardo!). Un’ora e mezzo di tragitto tutti i giorni. (Sapete quante cose potrei fare, se non dovessi “gettar via” quell’ora e mezzo, ogni giorno? Potrei fare un po’ di attività fisica, ad esempio!).
Il computer con cui sono costretto a lavorare in sede non è di certo dei più nuovi: non ha neanche la web cam e la connessione condivisa dall’intero team risulta spesso rallentata.
In azienda il climatizzatore è centralizzato: qualche volta fa troppo caldo e d’estate l’aria condizionata, per quanto mi riguarda, è sempre troppo alta. Inoltre, non ci sono molte finestre essendo una struttura di non recente costruzione. Questo significa che passo la maggior parte della giornata esposto alla luce dei neon, piuttosto che di una più sana illuminazione.
Sommariamente, vado d’accordo con tutti i miei colleghi. Con molti di loro capita anche di prendere un aperitivo, dopolavoro. Ma, stare insieme al bar, non è mai uguale allo stare insieme in ufficio: si creano inevitabilmente tante occasioni di competizione. Talvolta sana, altre volte solamente fuorviante rispetto agli obiettivi.
Durante l’appena trascorsa quarantena ho scoperto che i vantaggi dello Smartworking sono decisamente maggiori degli handicap. Almeno per quanto mi riguarda!”.
“Un incubo che finalmente è giunto alla fine” Chiara (37 anni – Social Media Manager – Arezzo)
Sono abituata a lavorare al computer e a portare avanti progetti e piani editoriali in modo sommariamente autonomo. Quando è scoppiata la pandemia e il titolare ci ha informato che, a partire da quel momento, avremmo dovuto lavorare da casa, non ero affatto preoccupata. Anzi! Inizialmente, infatti, le cose sono andate più che bene: con i colleghi ci sentivamo tramite video-call e ho sostituito il divano di casa mia alla scrivania.
Poi, nemmeno troppo gradualmente, sono emerse le problematiche: mi sono ritrovata a tu per tu con un nuovo progetto e pochissimo materiale a disposizione per poterlo portare avanti. Il grafico (e compagno di scrivania), con cui spesso collaboro, non sempre era reperibile o, comunque, doverlo contattare di fronte a ogni dubbio si è rivelato piuttosto frustrante. Per me e per lui. Hanno iniziato, così, a sommarsi ritardi su ritardi rispetto ai termini di consegna e anche qualche lamentela da parte di alcuni nostri clienti.
Ho iniziato a soffrire di una “mancata di disconnessione”: oltre a non riuscire, io per prima, a staccare il cervello da lavoro, sia il titolare, così come anche colleghi e clienti, raramente sono riusciti a rispettare i limiti di orario che, invece, apparivano così scontati in ufficio. Più di una volta mi è capitato di dover rispondere a quella mail “urgente” anche alle 23:00 di sera!
Tutto questo, unito alla solitudine, è presto sfociato in notti insonni e forte stress.
Dal 18 maggio, per fortuna, sono potuta tornare a lavorare in azienda. Per quanto mi riguarda, quindi, lo smart working è un incubo che finalmente è giunto alla fine”.
“Non mi devo preoccupare di cercare qualcuno che badi ai miei bambini”, Daria (42 anni – addetta alla gestione delle risorse umane – Ancona)
Anche grazie al lavoro che svolgo, già conoscevo i vantaggi che lo Smartworing avrebbe introdotto nella vita delle persone: trovarmi a lavorare da casa non ha fatto altro che confermarli!
Oltre ad essere addetta alla gestione delle risorse umane presso una piccolo-media impresa italiana, sono anche mamma di due splendidi bambini: uno di 4 anni e l’altro di 9. Riuscire a conciliare il lavoro con la vita privata non è mai stato banale: sin da subito, ho dovuto cercare qualcuno che badasse ai miei bambini. In pratica, lavoro per guadagnare soldi così da potermi permettere di pagare la baby sitter. E, come me, tante altre mamme.
Non solo: capita che, sul posto di lavoro, una mamma che chiede un giorno di permesso perché ha il bambino malato, possa esser vista come “una che non ce la fa” andando quasi a confermare il gender gap (divario tra generi). Allo stesso tempo, in caso di riunione a scuola, – ad esempio – è possibile avvantaggiarsi con il lavoro o, magari, concluderlo anche al di fuori dell’orario di lavoro (ma comunque entro le scadenze), senza dover chiedere niente a nessuno.
È vero: durante questa quarantena, riuscire a lavorare non-da-sola a casa ha richiesto davvero tanta organizzazione e qualche strategia: ho pianificato i giorni e gli orari per le faccende domestiche, così come per i break; ho trasformato un angolo della casa in “ufficio”; mi sono abituata a lavorare presto la mattina, prima che i bambini si sveglino. Ma se penso che, prima o poi, riaprirà la scuola, lo Smartworking non solo diventerebbe decisamente più semplice, ma mi permetterebbe anche di andare a prendere io stessa i bambini al termine della scuola!
Insomma: spostare il lavoro tra le mura domestiche permette di non dover scegliere tra la famiglia e la carriera.
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