Ultimamente, con tutta probabilità, avrete sentito parlare di “Riders”. Ma chi sono, esattamente? E perché protestano?
Ecco chi sono i Riders
Sono circa 100 mila e, solitamente, hanno meno di 30 anni. I Riders, in un certo senso, sono la fotografia della gig economy (economia delle piattaforme e del lavoro on-demand) e si occupano di food delivery.
Inquadramento: lavoro subordinato o autonomo?
La giurisprudenza, a più riprese, è intervenuta sulla distinzione tra lavoro autonomo e subordinato e, nel caso dei riders, non è stato possibile tracciare una distinzione netta tra le due tipologie di inquadramento.
I riders, infatti, a dispetto dei “dipendenti ordinari”, sono liberi di dare (o meno) la propria disponibilità per i vari turni “offerti” dall’azienda. Tale libertà di rifiuto alla chiamata si è tradotta in ostacolo rispetto al loro inquadramento come subordinati, entrando in contrasto con il requisito essenziale dell’obbligatorietà della prestazione.
Un terzo genere di categoria come forma di tutela
Il problema principale, scaturito dalla mancanza di veri e propri contratti e inquadramenti precisi, è stato quello della tutela nei confronti dei lavoratori digitali. Non solo dei riders, quindi, ma di tutti coloro la cui attività è organizzata da app (eterorganizzazione, intesa come integrazione funzionale tra azienda/piattaforma e lavoratore/collaboratore).
La sentenza della Corte di Appello di Torino, pertanto, ha identificato un terzo genere di rapporto di lavoro. Attraverso l’interpretazione dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, infatti, è stato possibile estendere ai riders alcuni diritti dei lavoratori subordinati, pur rimanendo lavoratori autonomi.
La prima legge italiana a tutela dei lavoratori digitali
La Regione Lazio è stata la prima a varare una legge in Italia a tutela di questa particolare categoria di lavoratori che, data la progressiva evoluzione tecnologica, sono in continuo aumento. Attraverso tale norma, quindi:
- Viene riconosciuta la tutela dei lavoratori in caso di infortunio sul lavoro o malattie professionali;
- Si ha un’assicurazione in materia di sicurezza;
- Viene disposta, a carico della piattaforma, l’assicurazione per infortuni, danni a terzi e spese di manutenzione per i mezzi di lavoro;
- Sono introdotte norme sulla maternità e sulla previdenza sociale;
- Viene ribadito il rifiuto del compenso a cottimo e viene introdotta un’indennità di prenotazione nel caso in cui il mancato svolgimento dell’attività di servizio non dipenda dalla volontà del lavoratore.
Per quanto concerne la definizione di paga base e premialità, invece, si rimanda alla contrattazione collettiva, superando il presupposto secondo il quale sono unicamente i datori di lavoro a stabilire le condizioni economiche.
2 milioni e 100 mila euro sono stati messi a disposizione per il biennio 2019-2020 per le politiche di assistenza e per la realizzazione di un Portale del lavoro digitale al quale si possono iscrivere lavoratori e piattaforme di modo da permettere loro di godere degli strumenti e dei contributi messi a disposizione della Regione.
Il primo accordo italiano per il lavoro subordinato dei riders
Il primo accordo che regola il lavoro subordinato per i riders, invece, è stato firmato a Firenze da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti con Laconsegna, azienda di food delivery attiva nel capoluogo toscano. Tale accordo, riconosce i riders come lavoratori subordinati con diritto all’applicazione del Ccnl merci, logistica e spedizioni. Tale contratto, così, riconosce loro i diritti e le tutele del rapporto di lavoro subordinato, dalla retribuzione alla malattia fino alle ferie. In più, viene stabilito che il rischio di impresa, riguardante la vendita/consegna dei prodotti, non sia a carico dei lavoratori, bensì dell’impresa stessa.
L’obiettivo che si vuole perseguire e, magari, arrivare ad estendere a livello nazionale, è quello di riuscire a promuovere una nuova cultura del lavoro digitale senza, però, abbassare la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori.
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